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Programmare l’eventualità di una psicoterapia.
Parlare per la prima volta di sé a una persona estranea che ascolta attentamente è una situazione inedita, ed emotivamente pregnante. Per i nostri clienti il primo colloquio può essere un’esperienza molto faticosa, nella quale si sono probabilmente risvegliati sentimenti, ricordi, nuovi interrogativi che lo hanno emotivamente provato. Inoltre le ore e i giorni successivi al colloquio lasciano una “eco” emotiva e cognitiva che stimolerà l’associazione di nuove azioni e comprensioni su ciò che è accaduto.
E’ indispensabile riportarci ad uno stato di calma, magari con una breve introduzione alle tecniche di rilassamento, per fare il punto della situazione e suggerirci delle soluzioni ragionevoli e responsabili e per programmare una psicoterapia, nell’eventualità che ci sia la necessità e la motivazione.
Non infrequente è il problema dell’alessitimia ovvero della incapacità a riconoscere ed esprimere i propri stati d’animo in termini emozionali, comportamentali, cognitivi. Di solito tendiamo a riferire sensazioni fisiche di incerta definizione e siamo inclini a sviluppare sintomi e disturbi psicosomatici. La psicoterapia cognitivo-comportamentale è un’impareggiabile opportunità di espressione del proprio essere e di soluzione naturali ai propri disagi.
Obiettivi ed efficienza.
Può accadere che l’ansia di separazione o l’ansia di stare bene subito prolunghi il colloquio e si può notare ad esempio la contraddizione che porta la persona ad affrontare argomenti molto rilevanti proprio al momento del commiato. Fare pace coi propri tempi necessari alla soluzione di problemi annosi è un modo di dare alla nostra mente e alla nostra esistenza l’importanza e la complessità che non avrebbe, invece, un computer. Una macchina viene programmata per funzionare al meglio, una mente attraversa un processo simile, in psicoterapia, con in aggiunta tutte le delicatezze e la processualità del vivere umano. La gradualità è inoltre necessaria per chi, in seduta, deve imparare a esprimersi nel tempo e dinanzi all’attenzione che gli viene dedicata amorevolmente e con scienza.
Se la situazione appare complessa, può essere utile l’effettuazione di un primo intervento ed eventualmente un successivo invito a compiere, già dalla prima seduta, dei compiti a casa come le tecniche di rilassamento, l’automonitoraggio o dei test.
Cosa accade nei colloqui successivi.
Se dopo il primo incontro si decide di proporre, di comune accordo, un’attività psicoterapeutica è perchè si è notato che il racconto è caratterizzato da uno o più di queste trappole mentali legate o meno ad esperienze di pericolo, di sofferenza, di malattia, di vulnerabilità, di debolezza, di non autonomia, di solitudine. E’ sempre bene, nel caso in cui l’ospite non si mostri realmente convinto di ciò che ci sta chiedendo, discutere in maniera esplicita questo aspetto e suggerire un intervallo di riflessione a cui far seguire eventualmente un secondo incontro.
Le condizioni che precludono l’accesso al servizio specialistico (consulenza clinica, sussidiaria e complementare alle risorse sociosanitarie presenti sul territorio) sono: rigidità troppo elevata dell’ospite; cause che potrebbero rendere arduo o non possibile un percorso di autoconoscenza; la probabilità di uno scompenso psicotico (la presenza di idee bizzare, percezioni particolari o veri e propri deliri e allucinazioni) o la indisponibilità dichiarata a mettere comunque in discussione la sua visione di sé e del mondo e un estremo timore di coinvolgersi.
© 2015 – www.psicologiasalerno.it (di Ennio Preziosi)
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