REGOLE PER LA BUONA COMUNICAZIONE NELLA COPPIA
… E nella vita, in generale.
E’ utile leggere, conservare e rileggere queste impegnative regole dopo un dialogo che possa averci lasciato qualche dubbio rispetto alla “salute” delle comunicazioni svoltesi. In tal modo è possibile mettere progressivamente più a fuoco queste regole vincenti adattandole alla vita vissuta.
Sarà inoltre utile osservare i risultati benefici dell’applicazione di queste regole, rivedendole dopo un’interazione efficace e soddisfacente. In ogni caso la regola principale è: fare il primo passo e prendersi la ricompensante responsabilità di creare la comunicazione. Queste regole sono innanzitutto per noi, non solo per gli altri!
Vi invito ad annotare riflessioni uniche e preziose sul proprio percorso di miglioramento della comunicazione e della interazione con gli altri, in modo da rendere flessibili e calzanti regole che, per forza di cose, sono state qui elencate in maniera pratica e che possono essere apprese e discusse in terapia.
«Principi per chi parla e principi per chi ascolta»
A. PRINCIPI PER CHI PARLA:
A. 1. Essere possibilmente brevi.
Cercare di dire solo l’essenziale. Provare a usare la “regola delle due frasi”: limitarsi a esporre il proprio pensiero condensando l’essenziale in poche parole ben scelte, magari due alla volta. In questo modo si riduce anche il materiale ostile, controproducente.
Note ed esempi: ______________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
A. 2. Essere precisi.
Evitare le osservazioni vaghe, generiche. Per es. invece di dire: “Vorrei che giudicassi di meno” oppure: “Che fossi più espressivo”, dire: “Mi piacerebbe che rispettassi il mio bisogno di fare questa determinata cosa” oppure: “Che esprimessi come puoi ciò che senti rispetto a questa cosa”.
Note ed esempi:
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A. 3. Non abbandonarsi alle accuse, al biasimo, agli insulti.
Meglio seguire la regola di non incolpare: “C’è un problema. Vediamo insieme come si può fare per risolverlo”. Evitare il verbo essere: “Sei così in queste situazioni”, e contestualizzare le nostre osservazioni: “Ho l’impressione che ti sia comportato così in queste situazioni”.
Note ed esempi:
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A. 4. Evitare la tendenza ad affibbiare etichette.
“Negligente”, “egoista”, “noncurante” di solito sono ipergeneralizzazioni e offuscano la visione del problema e delle risorse; o peggio sono provocatorie e possono sabotare la comunicazione.
Note ed esempi:
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A. 5. Evitare asserzioni assolute.
“Sempre”, “mai”, “tutti”, “nessuno”, “il mondo”… sono asserzioni di solito sbagliate e vengono confutate, perché è estremamente raro che la realtà sia di un solo “colore”. L’uso di queste connotazioni assolute può suscitare un diverbio sterile e distogliere l’attenzione dai fatti specifici che si vogliono affrontare.
Note ed esempi:
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A. 6. Dire le cose chiaramente e non esprimerle indirettamente attraverso una critica.
Ad esempio: “Mi piacerebbe molto che tu mi ascoltassi se ti parlo di questa cosa” è meglio di: “Tu non mi ascolti mai quando ti parlo di questa cosa”.
Note ed esempi:
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A. 7. Non cercare di indovinare le intenzioni dell’altro.
Le interpretazioni che si fanno il più delle volte sono sbagliate e infastidiscono. E’ meglio dire: “Io ho l’impressione che tu ce l’abbia con me” oppure “che non ti senta a tuo agio con me” invece di accusare l’altro dicendo: “Ti stai vendicando negandomi il tuo aiuto” oppure “non ti esprimi e non vuoi lasciarti andare”. Quando si mettono alla prova le proprie opinioni su un certo comportamento altrui, bisogna ricordare che esse sono interpretazioni, non dati di fatto, E’ inutile abbandonarsi a un’analisi pseudopsicologica delle motivazioni altrui.
Note ed esempi:
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B. PRINCIPI PER CHI ASCOLTA:
B. 1. Ascoltare attentamente.
Inviare segnali di retroazione indicanti che si sta ascoltando, mantenendo lo sguardo e emettendo garbatamente suoni come ‘mmhmm’, ‘già’, ‘sì’, che indicano “Ti sto ascoltando”, “Mi fa piacere quello che dici”, “Quello che stai dicendo mi interessa molto”, “Tengo al fatto che tu ti esprima perché ciò chiarisce anche i miei pensieri”.
Note ed esempi:
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B. 2. Trovare dei punti di accordo e di mutua comprensione.
Ciò permette di non dare l’impressione d’essere un avversario: “Capisco cosa provi rispetto a questo fatto”, “Capisco che questa cosa ti possa irritare”.
Note ed esempi:
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B. 3. Non fare caso alle affermazioni negative dell’interlocutore.
L’interlocutore offeso o arrabbiato tende a presentare il problema in termini eccessivi e accusatori. Cercate di mettere a fuoco la causa della rabbia e ignorare le espressioni di biasimo e le critiche.
Note ed esempi:
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B. 4. Porsi delle domande.
A volte certe rimostranze, chiarissime per chi le fa, non lo sono altrettanto per chi le ascolta. Chiedersi: “Qual è il punto essenziale di ciò che il mio interlocutore sta cercando di dirmi?”.
Note ed esempi:
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B. 5. Controllare la propria comprensione.
“Credo che tu mi stia dicendo che non vuoi più sorbirti questo comportamento di questa persona”, oppure: “Mi stai dicendo che vuoi che mi decida a darti un aiuto concreto?”; “Mi stai dicendo che vuoi che mi decida a pagare i conti?”.
Note ed esempi:
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B. 6. Chiarire i motivi del proprio comportamento.
se si pensa che l’interlocutore li abbia male interpretati. Per es. dicendo: “Volevo veramente dedicarmi a te, ma prima di venire mi sono accorto che dovevo finire un certo lavoro”.
Note ed esempi:
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B. 7. Non esitare a mostrare il proprio rincrescimento.
In una buona relazione è prevista anche l’espressione del rammarico per eventuali offese, involontarie o deliberate, all’altro. E’ importante comunicare questo sentimento.
Note ed esempi:
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© 2015 www.psicologiasalerno.it (di Ennio Preziosi)