CULTURA E SCIENZA DEL BENESSERE MENTALE
La psicologia del benessere offre gli strumenti all’individuo, alla famiglia e agli organismi sociali per affrontare lo spettro di problemi che va dalle comuni difficoltà esistenziali ai disturbi mentali, dai problemi dell’arco di vita alle dipendenze. La società può sovrastarci esponendoci a richieste logoranti che possono avere ripercussioni sul nostro equilibrio mentale e fisico, a tutte le età. Aggiungo la mia voce a quella degli altri professionisti della salute, con lo scopo di promuovere la cultura della prevenzione e del benessere interiore.
La psiche è stata oggetto di interesse di artisti, scrittori, filosofi e religiosi sin dall’antichità, secondo un approccio umanistico. Il progresso delle scienza ha inglobato tale approccio al punto che allo psicologo contemporaneo è richiesto di avere sia conoscenze delle discipline umanistiche che delle neuroscienze, per la soluzione efficace dei problemi psicologici.
Mi ritengo aperto da sempre a tutte le discipline e le arti che riguardano lo spirito e a tutte le modalità di ricerca di senso che l’uomo ha sviluppato nei millenni ad ogni latitudine del pianeta. In armonia con questa ricerca esistenziale, come professionista della ricerca psicologica contemporanea, lavoro nello sforzo di offrire l’avanguardia delle scienze e tecniche psicologiche, al servizio tanto della persona sana quanto della persona ammalata.
La nuova generazione di psicologi offre prevenzione, diagnosi, cura, abilitazione, riabilitazione, sostegno sulla base di impegno scientifico e tecnico che sta spazzando via confusioni e diffidenze. Mentre in passato“psicologi-non-psicologi” laureati in materie letterarie e umanistiche avevano accesso alla professione, oggigiorno la mole di cambiamenti scientifici richiede una formazione altamente specializzata. Finalmente psicologo può diventarlo solo un laureato in scienze e tecniche psicologiche, ponendo fine a confusioni dannose per chi si trova in bisogno di aiuto.
MENTE E CORPO
La mente è nel corpo e il corpo è nella mente. Con questo voglio intendere che gli equilibri ormonali, neurochimici, anatomici in cui è immerso il nostro essere corporeo influenzano i pensieri e i comportamenti, ma è vero anche il contrario. Eric R. Kandel, neuroscienziato premio nobel per la fisiologia nel 2000, ha risolto definifitamente il dualismo cartesiano che separava la sostanza pensante (res cogitans) e la sostanza fisica (res extensa).
La grande rivoluzione delle neuroscienze dal 2000 a oggi infatti è stata quella di scoprire che l’esperienza psicoterapeutica (così come le esperienze strutturate e incisive della nostra vita) modifica stabilmente la chimica, l’espressione genetica e l’anatomia del cervello. Pensate, ad esempio, a quelle coppie con problemi di sterilità che dopo aver adottato un bambino, acquistano fiducia in sé stesse e diventano feconde. L’esperienza positiva di essere genitore attiva meccanismi ormonali che permettono al corpo di riscoprire le proprie capacità. Mente e corpo sono dunque in una relazione biunivoca. A pensarci abbiamo raggiunto con la scienza (dopo più di 2000 anni!) l’arcinota e saggia intuizione dei latini: mens sana in corpore sano. E abbiamo superato le barriere tra cura biologica e cura psicologica, con immensi vantaggi per il cliente.
??? DOMANDE COMUNI SUGLI “PSI”
Alcune domande su noi professionisti della salute mentale sono naturali: che differenza c’è tra psicologo e psichiatra? Lo psicologo prescrive farmaci? Lo psicologo è un umanista o uno scienziato?
Altre domande mi sono sembrate suggerite da informazioni incomplete o filmiche sulla salute mentale: ci vanno i matti dallo psicologo? Una persona depressa o ansiosa deve farcela da sola? …Ce l’avete il lettino come nei film?
Andiamo per ordine. Lo psichiatra (laureato in medicina e chirurgia e specializzato in psichiatria) cura con strumenti farmacologici i disturbi mentali. Lo psicologo (laureato in psicologia a indirizzo clinico o evolutivo) tutela, previene e riabilita con strumenti cognitivi, comportamentali e educativi le cause e le conseguenze dei disturbi mentali, le difficoltà di comunicazione e di relazione, il disagio emotivo. Come clinico, si adopera nella maggior parte dei casi ad affinare la sua formazione in psicoterapia.
In buona sostanza lo psicologo e lo psichiatra lavorano l’uno accanto all’altro, condividendo aree di interesse. E’ importante che lo psicologo sappia riconoscere quando c’è necessità dello psichiatra e viceversa, dal momento che dallo psicologo vanno anche persone con la semplice necessità di migliorare se stesse. E’ altresì importante non sottovalutare la propria sofferenza esistenziale e richiedere con fiducia un aiuto professionale come primo passo per l’uscita dall’isolamento.
PSICOFARMACI E PSICOTERAPIA
Gli psicofarmaci se sono necessari e, se non diventano qualcosa di comodo a cui aggrapparsi, sono un trattamento spesso indispensabile che agisce:
1) in maniera generica e globale sui sintomi,
2) con il prezzo di effetti collaterali, di tossicità e di assuefazione, ricadute,
3) sono paragonabili ad un “salvagente” per un “naufrago”: sono spesso un necessario e prezioso aiuto iniziale (o duraturo nei casi molto gravi) che libera dai sintomi e
4) rappresentano un traguardo scientifico rivoluzionario per la società intera nella cura dei disturbi mentali cronici.
Per quanto riguarda i trattamenti psicologici, si fa riferimento soprattutto ai trattamenti di matrice cognitivo-comportamentale che sono quelli di maggiore efficacia provata basata sull’evidenza (come evidenziato da ampi studi epidemiologici inseriti nel Cochrane Database of Systematic Reviews, www.cochrane.org e pubblicati sulla rivista Evidence-Based Mental Health, www.cebmh.org).). I trattamenti cognitivo-comportamentali dirigono gli sforzi sulla riflessione e finalizzano gli obiettivi nell’azione, nella presa di decisione, nella soluzione concreta dei nodi relazionali. Essi sono:
1) altamente personalizzati e rendono attivo promotore del proprio benessere, agendo anche sulle cause,
2) senza effetti collaterali e utili da soli, se il disturbo non è pervasivo,
3) sono paragonabili ad un “insegnamento a nuotare” con le proprie braccia e gambe, per il “naufrago” tra le onde del disagio psichico e
4) sono necessari a completare l’eventuale lavoro del medico sull’aspetto biologico e sintomatico del disturbo e per monitorare l’aderenza all’eventuale terapia farmacologica nonché lo scalaggio della stessa.
Altri aiuti come la fitoterapia, l’omeopatia, l’aromaterapia, la massoterapia (cure integrative dietro parere medico) sono di grande interesse e di enorme aiuto per trattare alcuni problemi per i quali gli psicofarmaci possono rappresentare un rimedio non desiderabile.
TRA UMANESIMO E SCIENZA
Una vecchia freddura dice che la differenza tra psichiatra e psicologo è questa: il primo dà i farmaci per far tacere il paziente, il secondo fa parlare il paziente senza per non dare i farmaci.
I progressi delle neuroscienze e delle tecniche psicologiche oggi fanno finalmente parlare innanzitutto i medici e gli psicologi tra di loro! Quello che noi psicologi contemporanei osserviamo è che esistono sempre più medici che riconoscono la scientificità degli approcci psicoterapici contemporanei e che al contempo esistano sempre più psicologi che diventano alleati dei medici e conoscono e siano in grado di monitorare e di apprezzare gli effetti degli psicofarmaci di nuova generazione. La cura oggi può essere olistica (mente e corpo). Lo psicologo contemporaneo quindi è un professionista all’avanguardia che conosce e applica i metodi e i risultati della ricerca scientifica nel proprio campo e negli ambiti scientifici (tra cui la medicina) con cui si integra il suo operato. Grande confusione è nata anche dalla molteplicità degli approcci (“orientamenti teorici”) che esistono in psicologia. Questa confusione è spazzata via da una pratica che metta al centro la persona da curare ed è superata da tecniche basate su studi di efficacia e soprattutto di efficienza: percorsi brevi che lascino il paziente autonomo.
Resta infine spesso difficile collaborare e comunicare con la retroguardia (precedentemente citata) di psicologi-non-psicologi (per intenderci, i laureati nelle più disparate discipline ma iscritti all’Albo grazie alla sanatoria pre-legge 56/89). Ancora più difficile è collaborare con medici diffidenti (non sempre a torto) nei confronti di tale retroguardia ascientifica, o con le idee così tanto chiare da definirsi “organicisti”, convinti cioè di poter “risolvere-il-problema” con lo psicofarmaco per zittire il paziente o confinarlo in circuiti psichiatrici perversi, dimenticando di dover “aiutare-la-persona” che cerca una relazione terapeutica.
ANDARE DALLO PSICOLOGO: TRA MODA E NECESSITA’
Se l’esempio degli altri è una spinta a curarsi o a prevenire un disturbo che fa capolino… bene: si accomodi allo studio. Se è incuriosito/a da tecniche che possono migliorare il suo rendimento, la sua serenità, la sua energia, la sua comunicazione con gli altri, le sue capacità decisionali, relazionali, mentali… benissimo: lo psicologo è la persona che conosce e orienta i fenomeni collegati ai meccanismi mentali e affettivi attraverso esercizi, tecniche, compiti, test, percorsi motivazionali e colloqui nel profondo.
Se una consulenza psicologica le è stata consigliata da un medico o da qualunque altra persona che si prende cura di lei, il passo successivo è quello di vincere la eventuale vergogna o gli altri ostacoli al suo riequilibrio; la professionalità dello psicologo le offrirà il conforto della serietà, della segretezza e del rispetto di chi ha a cuore la sua migliore realizzazione personale.
Se pensa di fare delle sedute per emulazione/imitazione/moda, rischia di prendere alla leggera un prezioso percorso di conoscenza profonda. Per attraversare questo percorso è bene che esista una reale motivazione a mettersi in discussione, ad ampliare i propri punti di vista sulla vita e a realizzare un’esistenza più appagante. A questo proposito la invito a richiedere un consulto online e a fare il test: ho bisogno dello psicologo? per orientarsi.
SE VA DALLO PSICOLOGO SARÁ AUTONOMO E RESPONSABILE
Non mi sento di usare mezzi termini: chi dice a una persona che soffre “devi farcela da solo/a” è una persona crudele. E crudele a volte può essere anche un genitore.
Sta finalmente sparendo, almeno nelle grandi città, il preconcetto nemico numero uno della prevenzione e dell’autoconoscenza: l’equazione “paziente dello psicologo = matto” (etichetta ovviamente poco rispettosa). Le applicazioni della psicologia al benessere delle persone, infatti, sono numerose e vi invito a scoprirle.
Oggi qualcosa è cambiato. La pratica cognitivo-comportamentale è la risposta di avanguardia e la mia attività clinica si basa su ricerche e tecniche sviluppate negli USA ai “National Institutes of Health” di Bethesda e al Policlinico “A. Gemelli” di Roma.
Nella mia pratica mi sono reso conto dei danni fatti da prolungati ed erronei trattamenti che ignorano l’importanza di un approccio nuovo alle relazioni umane. Prima i trattamenti erano estesi e insostenibili e basati su impalcature teoriche e definizioni infondate non validate dai grossi trial epidemiologici. Il risultato? Un’impasse dei pazienti nella spasmodica ricerca del passato e una dipendenza passiva dagli psicanalisti e dalle loro definizioni oscure e metafisiche.
La tecnica cognitiva deve moltissimo alla psicoanalisi, e molti spunti di riflessione e di azione sono nati dai meriti e dagli errori della teoria psicodinamica. L’evoluzione della psicologia è consistita nell’utilizzo degli strumenti della ricerca come fondamento della pratica.
Le arbitrarietà prive di fondamento scientifico (e deontologicamente scorrette) hanno prestato il fianco, per anni, ai detrattori della psicologia. Oggi invece la psicologia è riconosciuta e strutturata come una scienza clinica che mira a dotare le persone di risorse autonome. La ricerca non finisce tra le mura delle università, ma continua nella relazione tra psicologo e cliente e diventa arte, creatività e ricerca spirituale in riferimento all’unicità della persona. Le tecniche cognitivo-comportamentali ci impongono di misurare con parsimonia e semplicità i fatti che accadono alla gente e di partecipare al sapere in solidità con la comunità scientifica internazionale, ma soprattutto rendono il paziente attore autonomo e responsabile del cambiamento. Conta il passato ma anche il presente e il futuro, contano i sentimenti e le parole ma anche le azioni, gli esercizi, l’apprendimento e i patti che si stringono con lo psicologo nel decidere di intraprendere attivamente e gradualmente il cambiamento, attorno a sé e nei propri pensieri più profondi.
L’EQUILIBRIO TRA ACCETTARE E CAMBIARE.
Ci troviamo spesso con i pazienti (e in alcuni casi anche con le loro famiglie) a dover far loro accettare alcune cose e a farne cambiare altre, facendo sempre in modo che quello che accade tra le mura della stanza di consultazione venga appreso e utilizzato nel mondo esterno.
Vogliamo agire con i fatti. I fatti sono incisivi, misurabili, utili. Benjamin Franklin disse: “raccontami e io dimentico, insegnami e io ricordo, coinvolgimi e io imparo”.