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Ho bisogno di aiuto specialistico?
Verifichiamo con spirito di autoanalisi se su di noi ci sono altri meccanismi di sofferenza che fanno pressione, per decidere di chiedere aiuto. Tali meccanismi-allarme possono essere:
- Accudimento compulsivo. Sento il bisogno o ho la necessità di prendermi cura degli altri, per “pagare un prezzo a priori” indispensabile affinché possa finalmente essere considerato, apprezzato, amato nella maggior parte delle relazioni interpersonali.
- Agonismo compulsivo. Mi metto continuamente alla prova mediante competizioni non solo con gli altri, ma anche con me stesso, per sentirmi vivo, dare un senso alla mia esistenza e compensare eventuali insoddisfazioni o percezioni di inadeguatezza.
- Bassa amabilità personale. Non mi sento degno di amore e prevedo che sicuramente una persona che mi conosca in profondità e diventi pienamente consapevole di ciò che sono, non potrà amarmi. Se mi amerà vuol dire che non ha compreso fino in fondo ciò che sono realmente.
- Bassa autonomia personale. Ho bisogno di persone più forti e/o mature a cui delegare scelte, giudizi e decisioni.
- Controllo delle situazioni e delle emozioni. La realtà esterna mi sembra troppo caotica, instabile, e le persone sono ostili, per cui devo stare ben attento a guai imprevedibili. La realtà interna mi sembra troppo caotica, instabile, e non posso fidarmi delle mie esperienze emotive per entrare in relazione con il mondo e me stesso. Inoltre, è bene che non manifesti le mie emozioni ad alcuno.
- Costrizione. Non ho scelte, sono su di una via obbligata, sono costretto dagli altri a fare ciò che sto facendo oppure devo assolutamente crearmi dei vincoli autoimposti senza alternative.
- Delusione. Gli altri sono inaffidabili, prima o poi mi deluderanno, non sono interessati a me. Io stesso sono una nullità e non sono all’altezza di dare affetto.
- Dipendenza affettiva. Non posso fare a meno di vedere determinate persone che sono assolutamente indispensabili per dare senso alla mia vita e realizzare la mia felicità. Senza la persona che amo la mia vita non avrebbe significato.
- Doverizzazione. Non posso assecondare i miei interessi personali, i miei desideri e il piacere perché le regole vogliono che io debba essere all’altezza di ciò che si aspettano gli altri da me, altrimenti mi sentirò dolorosamente in colpa.
- Debolezza personale. Sono fisicamente vulnerabile agli agenti patogeni e ne ho timore, o non riesco a prendere decisioni e ad assumermi responsabilità. Per questo sono alla ricerca di una o più figure protettive capaci di offrirmi aiuto e di affrontare al mio posto situazioni troppo complesse o pericolose.
- Impotenza (v. sopra). Non posso fare niente per influenzare il corso di specifici eventi e qualsiasi sforzo è inutile. Pertanto mi blocco, sono apatico ed evito di tornare a mettermi nei guai con le mie stesse mani.
- Attribuzione causale degli accadimenti. Il destino, la fortuna, l’ambiente, le mie caratteristiche biologiche, sono ciò che determinano totalmente o in buona parte la mia vita e sono cose sulle quali non ho alcuna possibilità di incidere.
- Predisposizione allo sforzo. Posso contare solo su me stesso e sul mio impegno per affrontare le difficoltà della vita. Sono l’unica persona efficiente del mio entourage e non posso delegare quasi nulla.
- Sensibilità al giudizio. Ciò che gli altri pensano (e che io penso che pensino) di me mi fornisce l’opinione e la valutazione più utili a comprendere me stesso. Tuttavia, siccome prima o poi deluderò gli altri con la mia incapacità, è meglio evitare di esporsi a tali opinioni e valutazioni.
- Basso valore personale. Gli standard che devo raggiungere devono essere sempre più elevati e devo migliorare sempre di più le mie performance, altrimenti non meriterò l’amore degli altri.
- © 2015 – www.psicologiasalerno.it (di Ennio Preziosi)
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